foto di Antonio Cipriani
Recentemente mi ero trovata a cena con un gruppo di persone decisamente "sopra la mia portata", di un ceto sociale superiore per non parlare dell'intelletto, cultura, e professione.
Perciò mi ero improvvisamente trovata pesantamente fuori dal mio "comfort zone" sia geograficamente (fuori dalla zona Isola!) sia socialmente.
Ero contenta di essere lì comunque , un po' in soggestione ma pensando di cavarmela. Ho avuto il coraggio durante il pasto di far sentire la mia voce un paio di volte: grave errore. Ho provato una battuta che ha sfondato come un sasso buttato in un pozzo buio e profondo. La seconda volta invece sono riuscita (probabilmente, ma non appositamente) a offendere uno dei presenti. Ero mortificata.
Sono rientrata a casa strappandomi i capelli dalla testa, rivivendo la scena con una pesantezza al cuore sempre più forte.
Mi è venuto allora in mente di chiamare uno del gruppo per dirgli
"Lo so, lo so - ho fatto una figura di cacca! Scusami, la mia era solo una battuta non volevo…"
Poi mi sono fermata. Mi è venuta in mente una citazione di Francis of Assisi: "seek not to make oneself understood, but to understand." cioè "Cerca non di farti capire, ma di capire". E mi sono detta "Amen. Quello che è successo è successo. Proviamo a usare l'energia per capire, invece che per scavarsi una fossa ancora più profonda.
Quando ci sentiamo in forte disagio e stress proviamo a:
1. notare perchè ci sentiamo a disagio - In questo caso: avevo detto qualcosa di estremamente stupido davanti a gente estremamente smart.
2. Capire cosa vogliamo ottenenere - di fare una bella figura. Di far sì di essere accettata da gente che vedevo sopra la mia portata.
3. Rendersi conto che è un sogno, idea o pretesa che non è reale. È una finzione mentale - qualcosa che ho inventato nella mia testa perciò posso lasciarla semplicemente andare - la mia idea era che ero inferiore, la pretesa che loro mi accetassero.
4. Rendersi conto che questa "auto-flagellazione mentale" ...fa male. - la fallita pretesa che gli altri si comportassero con me come volevo io, mi faceva soffrire.
5. Capendolo, e solo all'ora, possiamo lasciarlo andare - Volevo convincerli a una valutazione positiva di me, che sono intelligente, simpatica e colta, ma con un pizzico di auto-ascolto capisco che è ridicolo. E voilà! L'inizio del famoso "lasciar andare". Improvvisamente riesco a ridere di me stessa invece di piangere.
6. Parlarne con un buon amico - la condivisione aiuta a ridimensionare e diluire il dolore. Parlare dei nostri sbagli è un medicinale. Solo con la persona giusta - non tutti sono così fortunati di avere una persona alla quale possiamo dire tutto, anche le cose più brutte - se l'abbiamo teniamocela stretta, è preziosa.
(Per altre considerazioni su questo discorso consiglio vivamente "The Gifts of Imperfection" di Brenè Brown.)
Andare fuori dalla nostra "comfort zone" ci fa imparare tante tante cose, ci fa provare un senso di disagio e impariamo proprio grazie questo.
Per quanto riguarda direttamente lo yoga - è lo stesso discorso. Anche sul tappetino proviamo a non ripetere sempre le asana conosciute - o quelle che ci vengono meglio, ma mettiamoci un pò alla prova. Sia che "falliamo" miseramente (impossibile fallire nello yoga!) sia che ci riesca bene - è sempre comunque utile. Permette un'evoluzione. Un mio amico una volta mi ha detto "non c'è cambiamento senza disagio, e non c'è evoluzione senza cambiamento". Mi sa che ha ragione. Sigh.
Questo post è stato pubblicato nella rubrica settimanale "Tess's Yoga Tip" sul sito www.people.globalist.it gestito da Valentina Montisci
2 comments:
che bello questo post Tess! Adoro la citazione che hai messo e tutto quello che hai scritto lo ritrovo nel mio sentire!
Shanti shanti shanti
Grazie Kirsebaer!
Apprezzo sempre i tuoi commenti :-)
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