Foto di Antonio Cipriani
Ho due domande.
1. Quando era l'ultima volta che hai provato a imparare qualcosa di nuovo?
Se è stato tanto tempo fa, come mai? Ho l'idea che siamo un po' sedotti da quello che conosciamo. Sempre gli stessi amici (niente vampiri con gli occhi rossi per me, almeno da quello che so io), stessi posti, stessi "passatempi". È come essere "addicted" alla comodità (e al piacere). Un po' come con i roller, da adulti non accettiamo di cadere. È come se il farsi male fosse tossico. Stiamo alla larga. Lei invece si butta. Non perché è particolarmente coraggiosa, ma perché la novità (e anche il sentirsi in difficoltà) è nella norma (pensa a quante cose nuove deve imparare solo a scuola). Io sento come se stessi regredendo mentre mia figlia cresce, sia socialmente che intellettualmente.
Grazie al fatto che le mie figlie hanno una tiranna come mamma, hanno imparato a vivere con lo sconforto molto bene. Dico che la cena è pronta e devono spegnere la tv. Quando dico di lavarsi i denti, mica hanno voglia. Quando dico loro di mangiare le carote, di usare le posate e non le mani, di mettersi le calze, di andare a dormire, idem. Vivono continuamente situazioni di "scocciatura". Ma appena sentono rabbia o disagio non escono sul balcone a fumare una sigaretta, o accendono il computer per controllare Facebook, non mettono le mani nel barattolo dei biscotti o si sfogano con il gelato. Fanno una cosa pià sana: si lamentano (ma di brutto, credetemi), e vanno avanti con il disagio e il task del momento.
Quando evitiamo il nuovo o il disagio, quando rimaniamo fissi nella nostra comfort zone, è come premere il tasto "pausa" della vita. Rimaniamo bloccati.
Credo che basterebbe riabituarsi allo sconforto.
La prossima volta che sentiamo il bisogno di scappare dallo sconforto del momento, proviamo questa tattica di "posticipazione" in 3 mosse: esempio: abbiamo litigato con il capo e vogliamo fumare una sigaretta per dirottare la rabbia. La prima volta contando "uno" lasciamo andare l'impulso, la seconda volta che ci viene, contando "due" lasciamo andare l'impulso. E al terzo accendiamola e godiamola pure. Sapendo che al terzo possiamo cadere nella tentazione ci dà la forza per resistere un pochino di più. In questo modo man mano ci abituiamo allo sconforto e così magari possiamo aspettare sempre di più finché, come per i bambini, vivere con il disagio diventa normale. Perché È normale. O dovrebbe diventarlo. Stessa cosa quando dobbiamo parlare con una persona nuova, o provare un'esperienza diversa dalle solite. Ci buttiamo, proviamo una, due volte e al limite alla terza ci rinunciamo. Qualcuno (non ricordo chi) ha detto "tutto è difficile prima che diventi facile." Persino la difficoltà.
L'ultima domanda:
2. pensa all'ultima esperienza più ricca e soddisfacente che hai fatto negli ultimi due anni. Cos'era? Scommetto che era quando hai provato qualcosa di nuovo.
Per chi non ha provato yoga, potrebbe essere lo spunto giusto per sperimentare "il nuovo" e spero senza non troppo sconforto. Vi aspetto.
Questo articolo è stato pubblicato nella rubrica settimanale del sito globalist.it gestito da Valentina Montisci.
2 comments:
You're AMAZING!
kirsebær and you are my biggest fan (probably the ONLY one - but that's ok by me! ;-)
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