Monday, March 17, 2014

LE OTTO MEMBRA DI PATANJALI Part two


La mia Più Piccola mi guarda con occhi pieni di lacrime. Le ho appena detto che questa sera si mangia qualcosa che non è pasta in bianco. Magari, addirittura qualcosa di verde. Tragedia e lotta. Mi guarda e sussurra:
"Ma è così difficile essere una bambina!" 
E io ho pensato
sì, ed è così difficile essere un adulto.

Ad esempio per i nostri comportamenti affettivi (e dipendenze) che a differenza dei bambini ci hanno messo anni per svilupparsi. Nel mio caso, alcuni più di 40. Allora mi sorprende sempre che molti, come me, pensino che basti il primo dell'anno, una nuova dieta, lo yoga, o seguire un sentiero tipo le 8 membra di patanjali Et-Voilà! le nostre dipendenze e abitudini cambieranno. Pretendiamo che la sola forza di volontà come per magia, possa vincere anni e anni di abitudini profondamente radicate. E falliamo.
Norman Doige nel suo bellissimo libro: "The brain that changes itself" paragona il cervello (con la sua plasticità) a una collina coperta di neve fresca. Se scendiamo con lo slittino possiamo creare nuove tracce nella neve morbida o tracciati già percorsi. Se scegliamo la stessa pista tre o quattro volte questa diventerà sempre più profonda e sarà sempre più automatico che verrà presa quando vogliamo scendere di nuovo e sempre più difficile prendere una traccia/direzione alternativa. Il "sentiero" che utilizziamo di solito (dal mangiare cioccolato quando ci sentiamo emotivamente delicati all'accendere una sigaretta o navigare su internet quando siamo annoiati, o bere per dimenticare un dolore) diventa così radicato che, come dice Doige, "è difficile se non quasi impossibile cambiare direzione senza delle tecniche speciali".

C'è una buona notizia: questo Patanjali ha già capito tutto, praticato, sperimentato e messo a disposizione una tecnica per aiutarci con le nostre difficoltà e col "ridirezionamento". Non è un "quick fix". Non sarà immediato, né veloce. Non è grazie alla forza di volontà, all'autocontrollo o grazie all'entusiasmo. La tecnica è semplice. Anche se non facile da instaurare.
Il potere delle nostre abitudini nasce da tante piccole ripetizioni fatte nel tempo. Per ridirezionarci ci vorrà lo stesso. Ogni volta che ci troviamo in cima alla nostra collina facciamo una semplice cosa. Ci guardiamo. Come se stessimo guardando/osservando il comportamento di qualcun altro. Chiamiamo all'appello, come dicono gli yogi, il "testimone" - l'osservatore.
Invece di chiederci: "Ma perché io?!" (aggiungendo così dolore al dolore) domandiamoci invece, in base a quello che funziona meglio per ciascuno, "Eccomi di nuovo qui" (già non facile!). Nel momento in cui riusciamo a fare questo già succede una specie di miracolo. Basta svegliare il testimone che una nuova "traccia" neurologica comincia a formarsi. È un momento fantastico. Di libertà, di potere, di serenità, e di spazio - dico spazio perché improvvisamente abbiamo spazio per guardarci intorno e trovare una direzione alternativa, che potrebbe essere il semplice non fare nulla. Come dice Stephen Cope ne La saggezza dello yoga "è un momento eroico. Da celebrare. Ed è alla portata di tutti". A volte riesco persino io - perciò c'è speranza proprio per tutti. Dopo questo primo passo se abbiamo la vigilanza e la presenza necessaria chiediamoci: "Come ho fatto arrivare fin qui? Ah sì, ecco: l'amante mi ha lasciato/il capo mi ha sgridato/ ho messo su un chilo e mezzo" ed eccomi con la mano sul frigo con l'intenzione di tirare fuori una confezione di gelato alla nocciola o una bottiglia di prosecco.
Ok, non basta neanche questo per avere successo nel costruire la nostre "strade" alternative. Ma è un buon inizio. Per capire cosa altro dice Patanjali al riguardo connect next time for the next article.

Pubblicato prima qui:
http://people.globalist.it/Detail_News_Display/2014/3/3/YOGA/Patanjali-e-le-brutte-abitudini
Grazie ad Antonio Cipriani e Valentina Montisci!!

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