Wednesday, December 9, 2015

CARTONI ANIMATI, CUBA e SAMVEGA


Estate scorsa siamo andati a Cuba. Ammetto che non avevo tanta voglia di intraprendere un volo di così lungo, visto che:
    a.    Non mi piace trovarmi fuori dal mio elemento – essere sospesa in aria per 12 lunghe ore non fa proprio per me (leggi: subisco pesantamente)
    b.    Ho dovuto affrontare questo volo con al traino le mie due figlie, la più piccola delle quali –9 anni - non aveva dormito le due notti precedenti per l’agitazione, aveva mangiato decisamente troppo a colazione per l’agitazione e non la smetteva di parlare per l’agitazione.
“12 ore – ho spiegato – è un tempo molto lungo” (nella speranza che la realtà la calmasse – ma niente). Sapevo che l’adrenalina avrebbe terminato il suo effetto più o meno a metà viaggio e che poi avrei dovuto trattare con una bestia ancora più feroce: la noia.

Così, nel tentativo di prepararmi psicologicamente, ho riempito il mio bagaglio a mano con ipod, ipad e vagoni di caramelle. Mi sentivo preparata e quasi pronta. Lo so, lo so, sono una "Yogi Mum" – avrei potuto dire che mi ero attrezzata con libri tipo “101 cose da fare con i bambini e i legumi secchi”, sudoko, libri di filastrocche, o magari un kit da cucito per bambini creativi, leccalecca alla soia, carta e matite colorate… ma sarebbe stata una bugia sfacciata. Ho optato per le diavolerie elettroniche – funzionano. Ero preparata a infrangere tutte le regole per sopravvivere a questo volo e ogni tanto, si sa, un ipad può salvare la tua salute mentale, se non la tua vita.

Saliamo sull’aereo, la mia Piccola vede un minuscolo schermo sul sedile di fronte e, ancor prima che l’aereo decolli, si trasforma in una piccola “serial watcher” di cartoni animati. Dopo circa sei ore si volta dalla mia parte con i suoi occhietti rossi che spuntano luccicanti da due sottili fessure nel volto e pronuncia le parole che temevo: 

“Mamma, per quanto ancora dobbiamo stare su questo aereo?”.

Mi volto verso di lei con uno sguardo freddo e calmo, mentre nella mia mente penso: “Le devo dire la verità? Posso sempre dirle un’ora e sperare che dorma per le prossime cinque ore senza accorgersi della bugia… ma la domanda è dormirà fino alla fine?”.
“Mamma, mi stai ascoltando?”. 

Ancora una volta scelgo l’onestà e, stringendole la mano, rispondo “Altre sei ore, temo”. Lei alza le mani verso il cielo e poi i gomiti giù, verso i fianchi in segno di vittoria e urla: “SIII! Altre sei ore di cartoni!”.
Quanto a me, non che fossi altrettanto felice, ma... diciamo sollevata.
Mia figlia è dipendente dai cartoni, non tirano fuori certo il meglio di lei - dopo averli guardati per un po’ è intontita, scontrosa e ha la pazienza di un rottweiler vegano. Eppure lei li adora (i cartoni, non i cani vegani). La cosa divertente è che dopo tre mesi di astinenza da cartoni e immersione nella natura fuori Milano, quando poi era di nuovo a casa aveva effettivamente iniziato a giocare. Sì, persino con i Kapla – quei mattoncini di legno con i quali ci si aspetta che giochino i figli di una "Yogi Mum". Io ero sorpresa e lei sembrava felice.

Questo mi ha riportato alla mente il termine Samvega – una parola yogica che indica quella specie di opprimente depressione da rientro (penso al periodo post vacanze perché il tempo che passiamo lontano da casa ci offre la distanza necessaria per vedere le cose da una diversa prospettiva) che sentiamo quando torniamo a lavorare a pieno ritmo.*

Ma è qualcosa di più di una depressione. È profonda, introspettiva e insistente. E una grande motivatrice, visto che ci proietta fuori dal torpore quotidiano di cui spesso siamo inconsapevoli. Tornando da una lunga vacanza, Samvega ci può colpire facendoci improvvisamente realizzare che le nostre usuali fonti di gioia (i cartoni, per mia figlia piccola) non ci danno più soddisfazione. Sentiamo un bisogno urgente di sviluppare i nostri talenti piuttosto che sprecare tempo facendo cose che ci lasciano vuoti. Tinder diventa tedioso.

Altro indizio che siamo in piena fase Samvega, oltre al desiderio di trovare i nostri doni nascosti (e il nostro Dharma) è la voglia di raccoglierci nel nostro mondo interiore: abbiamo bisogno di riflessione piuttosto che di evasione, calma invece che intrattenimento.

Compito yogico:
Prendiamoci un po’ di tempo per riflettere su dove e come spendiamo la maggior parte del nostro tempo e se queste attività/hobby/persone/cose ci danno ancora la giusta soddisfazione – ci arricchiscono? ci nutrono ancora l’anima? E se non lo fanno, dove dovremmo cercare? Che cosa dovremmo fare, invece?
Samvega è come un campanello d’allarme: è tempo di svegliarsi, tempo di filtrare! Ignorarlo non mette in pericolo la tua vita, ma ti espone al rischio di non trovare la via d’uscita dal pantano e, se sei proprio sfortunato, ti riporta tra le braccia di Spongebob.
 


*o come dice Stephen Cope "uno stato di disillusione rispetto alla vita mondana che porta a una veemente e urgente ricerca della verità e a uscire dalla sofferenza, dall'illusione e dalla confusione."

 
Grazie alla mia tradutrice CHIARA FRASSI!!! 



Appassionata di storie e scrittura, scopre lo yoga con Tess Privett nel 2010 e inizia il percorso come insegnante con Maurizio Morelli nel 2014. Da qualche mese tiene un corso tutto suo, insegna come sostituta da Lotus Pocus e offre lezioni private. 
Crede che lo yoga sia una magia naturale, che migliora la vita delle persone con semplicità: nelle sue lezioni cerca di trasmettere questa magia raccontandola con la pratica, il respiro e la condivisione di esperienze.
Per lezioni private cfrassi@gmail.com

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