Friday, May 29, 2009

MEDITAZIONE 12 -A cura di Lia Camporesi

Qualcuno mi ha chiesto di spiegare perchè usare il mantra come centro di attenzione per distoglierci dalla proliferazione mentale. Il mantra è un pensiero sul quale si ritorna a livello sempre più profondo. La parola detta dalle labbra è esteriore, il pensiero formulato dalla mente è interiore, ma il mantra, che diventa impulso della volontà perchè volontariamente lo si vuole ripetere, è ancora più interiore. E l'interiorizzazione diventa ancora più profonda nel momento in cui dalla parola pensata si passa alla pura consapevolezza. Al di là della parola ci uniamo a ciò cui essa orienta (spirito, amore, libertà, luce, pace, grazie, presenza maranathà, ruah, amen, ecc) Il desiderio di questa unione non è frutto di nostra iniziativa, non dobbiamo andare da nessuna parte perchè lo spirito è già qui, dentro di noi, ci sta già attirando verso di lui, si tratta solo di renderci disponibili ad un'azione che sta già avvenendo dentro di noi, Il mantra è come una freccia che indica la via, infatti, ad un certo punto, sentirai di non avere più bisogno di ripeterla ed allora la lascerai. E la ricupererai solo se ti accorgi che stanno sorgendo ancora pensieri diversi dal "qui ed ora". Ed allora, con gentilezza, ricomincerai con il tuo mantra. Il tempo della meditazione sarà all'inizio un continuo andare e venire, mantra, consapevolezza, distrazione e poi di nuovo mantra, ecc. A volte il tempo passerà velocemente: è segno che ci si è distratti poco, a volte sarà noioso, ma non è vero che sia passato inutilmente perchè in profondità qualcosa è comunque avvenuto, anche malgrado la nostra distrazione. Quando noi ci esercitiamo prepariamo la mente a diventare silenziosa, poi ci vorrà un Maestro per arrivare all'illuminazione. Ma c'è un detto indiano che dice: "quando il discepolo è pronto, il Maestro si presenta spontaneamente".
Un altro pensiero che abbiamo sviluppato è stato quello dell'importanza dell'unione degli opposti. Abbiamo visto che nell'antichità, quando gli uomini erano abituati ai simboli, alle parabole  si riferivano ad alcuni dei che sempre richiamavano l'unione degli opposti: Pallade (Atena) era donna, ma aveva energie maschili. Armonia era figlia di Afrodite ed Ares (Amore e Guerra). Il Tao era l'unione di yan e yin che sono diversi (uno bianco e l'altro nero) ma che vanno sempre presi insieme per indicare la totalità e che poi  in ognuno di essi c'è anche una piccola parte dell'altro (il piccolo puntino bianco nel nero ed il puntino nero nel bianco) Così in un rapporto tra due persone (ad es. marito e moglie o figlio-madre) non ci deve essere fusione o eccessiva dipendenza di uno dall'altro perchè ognuno deve poter mantenere la propria personalità. Va bene essere collegati per formare l'unità, ma non la fusione completa. Ritornando alla meditazione abbiamo meditato sul respiro ricordando che gli ebrei hanno una parola che è ruah che significa respiro, soffio e vento: "che non si sa da dove viene e dove va perchè soffia dove vuole". Ruah è il soffio potente che esce dalla bocca di Dio nella creazione, che vince il caos primordiale, ma è anche il respiro fragile e vacillante che comunica lo spirito all'uomo ed infonde la vita in lui. Finchè rimane nell'uomo gli appartiene e fa della sua carne inerte un essere e un'anima e tutto ciò che tocca l'uomo tocca anche il suo respiro: le emozioni, la paura, la gioia, l'ira, ecc. Di questa ruah però l'uomo non è padrone, pur non potendone fare a meno: muore quando questo soffio gli viene tolto. Ed allora abbiamo praticato ricordando la parola ruah. Abbiamo ripetuto il mantra "Vita vieni, ruah, amen".

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