Padre Andrea Schnoller nel suo libro "La via del silenzio" scrive: "Corretta posizione seduta, attenzione sul respiro, presenza al corpo e sue sensazioni, integrazione dei suoni e dei rumori dell'ambiente, consapevolezza dei pensieri e delle emozioni, preghiera del Nome: il tutto in particolari momenti di educazione della mente al silenzio, che a ragione possiamo considerare momenti di palestra.Ma gli esercizi di palestra non sono fini a se stessi. Sono indirizzati alla vita e a quanto intendiamo realizzare in essa. Così la consapevolezza, da esercitazione scelta e voluta di volta in volta,diventerà progressivamente un nuovo modo di essere presenti al reale, informando di sè ogni nostro rapporto con noi stessi, gli altri, la vita, Dio. Le relazioni interpersonali saranno più vere e quelle con Dio più autentiche ed appaganti. Questo nuovo sguardo al reale, tuttavia, non è conquista di pochi giorni e neppure settimane o mesi. Si tratta infatti di una trasformazione interiore profonda che richiede tempo e perseveranza e, soprattutto, una buona dose di fede-fiducia, ottimismo e generosità. Chi medita, poi, non si ritiene affatto più bravo degli altri. Anzi, la generosa dedizione alla meditazione è indice, il più delle volte, di una chiara consapevolezza dei propri limiti e difficoltà, che impegnano a lavorare in modo sodo e perseverante. Avanzando nel cammino però ci si rende conto che la pratica incide realmente sulla nostra vita concreta, migliorandone la qualità. Da esercitazione formale, essa si trasforma progressivamente in pratica informale della meditazione, ossia uno stile di vita meditativo. Sarà specialmente col sopraggiungere di questa nuova attitudine che diventerà più eviodente il perchè meditiamo, mentre la necessità di praticare in modo regolare e perseverante si farà via via più evidente." E più avanti scrive ancora: "Un'occasione propizia per verificare i nostri progessi nella meditazione è quella di esercitarci nelle relazioni quotidiane con gli altri. Se siamo davvero interessati allo sviluppo della consapevolezza, l'incontro con gli altri rappresenta nel contempo un momento di verifica e un'occasione privilegiata per esercitarci in essa. La retta pratica, infatti, conduce per sua natura ad essere più presenti agli altri, mentre da questa nuova capacità di presenza attenta agli altri derivano nuove motivazioni ed energia per la pratica". E Giovanni Zampetti, nel suo libro "L'attenzione cosciente" scrive: " Più sviluppiamo consapevolezza, più arriviamo ad ascoltare l'altro con vero e proprio silenzio interiore, volendo sinceramente il suo bene e riconoscendo a ciascuno il diritto di essere se stesso. Cerchiamo di metterci nei suoi panni, di pensare con la sua testa, tenendo presenti le sue inclinazioni, il suo carattere, il suo destino, le sue doti ed i suoi limiti. Infine proviamo ad attingere dal nostro profondo sentimenti che ci avvicinino al suo intimo". (Io sto pensando qui soprattutto ai nostri rapporti con i figli o con i vecchi genitori. Quante volte cerchiamo di metterci nei loro panni, uscendo dal nostro ruolo di genitore o di figlio?).Un altro pensiero che ci viene da un altro meditante, E. K. Tillmann nella sua "Guida alla meditazione": "Spesso l'interiorizzazione della propria esperienza diventa meditazione su di un problema, di un significato, di un valore. Il suo contenuto non è bell'e pronto, ma nascosto in un avvenimento, per cui viene solo presentito. L'interiorizzazione si pone sulle sue tracce. L'uomo comincia a vivere con il suo problema, finchè questo non riveli il suo significato. Se si tratta di qualcosa di doloroso, sopportiamolo, lasciamolo agire in noi, non pensiamo subito a quel che dobbiamo fare. Se ci manteniamo perfettamente tranquilli, maturerà in noi la soluzione giusta." Del resto, aggiungo io, un saggio ed ormai dimenticato suggerimento dei nostri "vecchi" era: "Dormici sopra!", nel senso di lasciar decantare il problema e poi riprenderlo più tardi: a volte la soluzione vien fuori da sè.
Abbiamo praticato ricordando che in un libro sacro agli indù (il Chadogya Upanishad) si dice: "Nella città di Brahman, che è il corpo, c'è il cuore. E nel cuore c'è una piccola casa. Questa casa ha la forma di un loto: in essa dimora ciò che deve essere cercato, richiesto, realizzato." Così abbiamo pensato, detto dentro di noi e poi solo sentito "Verso di te", seguendo il movimento dell'inspiro e lasciando che esso ci conducesse verso il centro interiore, il cuore, il luogo del silenzio, del raccoglimento, della pace, della libertà, dell'amore comprendiso e della gratutità. E poi abbiamo pensato, detto e poi semplicemente sentito: "Tutto in te", lasicando che tutto l'essere, corpo, mente e psiche si radicasse in questo centro interiore del silensio e dell'amicizia, come l'albero che affonda le proprie radici nel suolo da cui trae sicurezza e linfa vitale. E poi successivamente abbiamo pensato, detto e poi semplicemente sentito: "Rinnovato da te", percependo il movimento dell'energia che, attingendo dal centro interiore del silenzio e della consapevolezza formava un ampio cerchio che avvolge tutta la persona e comunica un senso di beatitudine e di pace. In seguito ci siamo limitati a seguire il respiro che entra e che esce.
Buona Pasqua a tutti ed arrivederci il giorno 20/4 p.v. Lia
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